La dislessia è un disturbo del neurosviluppo che colpisce circa il 7% dei bambini in età scolare, è caratterizzato da una difficoltà nell’automatizzazione della lettura che incide profondamente sulla resa scolastica, sul benessere psicosociale del bambino e adolescenti, in prospettiva, sul futuro inserimento nel mondo del lavoro. Sebbene la dislessia sia stata oggetto di studio per molti anni, continua a suscitare interesse e dibattito nella comunità scientifica a causa della sua complessità e delle sue manifestazioni variabili.
Il problema è multifattoriale con un contributo misto di fattori genetici e ambientali. Spesso il disturbo si presenta in concomitanza con altre condizioni dello sviluppo neurologico, in particolare il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD). Un tema che affrontiamo in occasione della
La lettura delle parole
Le persone con dislessia possono avere difficoltà nella corretta decodifica delle parole, nella comprensione del testo letto e nella ortografia. Questo disturbo non è legato a deficit intellettuali o a carenze nell’insegnamento, ma è piuttosto una condizione neurobiologica che influisce sulla capacità di elaborare il linguaggio scritto.
Molti individui con dislessia hanno talenti e capacità straordinarie in altri ambiti, come ad esempio nell’arte, nella musica, nella matematica o nelle scienze. Con il giusto supporto, gli individui con dislessia possono imparare a gestire le loro difficoltà e a sviluppare strategie efficaci per affrontare le sfide legate alla lettura e alla scrittura.
Le caratteristiche principali della dislessia includono: la difficoltà nella decodifica delle parole e nell’associazione dei suoni alle lettere, la lettura lenta e laboriosa, con frequenti errori di pronuncia e comprensione, la difficoltà nell’ortografia e nella scrittura, con errori frequenti e irregolarità nella formazione delle parole.
Il ruolo del cervello
Le ricerche suggeriscono che la dislessia possa essere legata a differenze nella funzione e nella connettività delle aree cerebrali coinvolte nell’elaborazione del linguaggio scritto, come l’area temporale posteriore sinistra del cervello.
La diagnosi precoce e l’intervento tempestivo sono cruciali per gestire la dislessia in modo efficace. I professionisti della salute mentale utilizzano una serie di strumenti di valutazione, inclusi test standardizzati di abilità di lettura, test diagnostici e valutazioni neuropsicologiche, per identificare la dislessia e valutare l’estensione delle difficoltà di lettura.
La ricerca
Negli ultimi anni, la ricerca scientifica, ha dimostrato che è possibile modulare la plasticità cerebrale modulando, per un periodo di tempo breve, la percezione sensoriale del soggetto, inducendo così il cervello a riadattarsi alla modificazione sensoriale indotta. L’adattamento prismatico è una delle procedure descritte inletteratura che permette di utilizzare la proprietà neuromodulatoria con delle lenti prismatiche.
Nella pratica, il paziente esegue un esercizio che in gergo si chiama pointing (in italiano “puntamento”) indossando degli speciali occhiali a lenti prismatiche. Le lenti prismatiche, montate su un paio di normalissimi occhiali, sono delle lenti ottenute in maniera particolare in modo da deviare il campo visivo a destra o sinistra. Dal momento che il nostro cervello è composto da due emisferi a cui sottendono funzioni cognitive differenti, la rotazione destra o sinistra delle lenti è un elemento importante nell’impostazione della terapia.
In questo modo, la deviazione del campo visivo indotta dalle lenti prismatiche induce un “errore percettivo”, che a sua volta attiva specifiche aree del cervello deputate alla calibrazione e ricalibrazione del sistema visivo, al fine di correggere l’errore percettivo.
Questo processo di calibrazione e ricalibrazione, che coinvolge diverse aree cerebrali, diventa un fattore chiave che genera un supporto della plasticità cerebrale.
In seguito alla procedura di adattamento prismatico, il cervello entra in una finestra temporale di maggiore plasticità, un prezioso lasso temporale, della durata di circa 45 minuti, in cui il cervello è più recettivo e risponde di più agli stimoli. È proprio qui che entrare in gioco i giochi “seri” e la loro azione su funzioni cognitive specifiche come la memoria, l’attenzione le funzioni esecutive.
Responsabile del servizio di Psicodiagnostica per i disturbi del Neurosviluppo in Adolescenza, Neuropsichiatria Infantile, Dip. Neuroscienze e SaluteMentale, Policlinico Umberto I – Università La Sapienza Roma
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